Il passaggio di un mahatma

Risulta sempre difficile per l'essere umano lasciar andare un proprio caro. Diventa durissima se hai la fortuna di avere un "mahatma" in famiglia. Il suo passaggio sulla Terra lascia dei solchi che non devono essere riempiti con le lacrime, ma bensì vanno perseguiti come degli insegnamenti.

Mio nonno è tutto questo. Mi piace parlare al presente perché lui è qui con me mentre sto scrivendo.

Chi ci conosce sa che il nostro è un rapporto che arriva da lontano, forse da un'altra vita. Chiamarlo nonno è riduttivo, seppur sia una figura importante. Si può fare anche un piccolo inciso sulla numerologia, per chi ci crede, lui ha lasciato il suo corpo ad 87 anni, 87 come il mio anno di nascita. Il suo nome e il suo cognome (Filippo Messina) sono composti da 7 lettere proprio come nel mio caso (Adriano Cirillo). 7 è il numero che è affisso sulla sua porta di casa e della locazione che ospiterà il suo corpo d'ora in avanti. Nulla è un caso nella vita e lui me l'ha dimostrato per tutto il percorso che abbiamo fatto insieme. 

Mio nonno nacque nel 1927 in un paesino della Sicilia, in un contesto molto povero e duro. In questa durezza il fiore di nome Filippo era pronto a sobbarcarsi grossi pesi, senza lamentarsi e con grande delicatezza. Ha lavorato duramente giorno e notte per prendersi cura non solo della sua famiglia, ma anche di chi ne avesse bisogno. Se lui riconosceva l'esigenza ti apriva la porta di casa sua e ti aiutava con ogni mezzo a sua disposizione. Nel suo paese era soprannominato "u muddu" (il molle) semplicemente perché le sue qualità erano compassionevoli e amorevoli. 

La cosa che mi ha sempre colpito di questo grande uomo è che: seppur non si esprimesse perfettamente a parole, riusciva a comunicare con tutti gl'altri sensi a disposizione. Un suo sguardo arrivava dritto al cuore e sapeva lasciarti una lezione. 

La mia vita sarà completamente diversa perché il mio maestro non c'è più fisicamente. Non potrò sentirne l'odore, non potrò baciarmelo, non potrò sentire la sua voce e sedermi in braccio, ma so che anche questo fa parte del suo insegnamento. Tutto questo ha unito ancor di più la nostra famiglia, ha portato tutto voi alla conoscenza di questo piccolo grande uomo, ma ancor di più ci fa capire quanto si soffra quando lasciamo qualcosa di "nostro". Nulla è di nostro possesso, neanche il corpo, quindi è giusto che la sua anima vada dagli altri suoi 2 grandi amori.

Spero di non aver annoiato nessuno, ma scrivere di lui non mi è semplice. Vi lascio con due pensieri: uno su di lui e una citazione di A. Schopenhauer.

Il nonno negl'ultimi anni era solito osservare tutto e tutti per poi esclamare un "eh beh...". Apparentemente sembra non voler dir nulla, ma in realtà mi faceva capire che bisogna accettare anche chi non pensa e agisce come noi.


"Non v'è rimedio per la nascita e la morte salvo godersi l'intervallo".


Un abbraccio 


Adriano


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